1 ottobre 2011
[da www.flcgil.it]
Come accaduto lo scorso anno, pubblichiamo le linee guida sulla contrattazione di istituto, strumento utile per RSU e Dirigenti scolastici, alla luce degli interventi legislativi, confusi e lesivi delle prerogative sindacali oltre che dell’autonomia scolastica, messi in campo in questi ultimi tre anni. La stagione contrattuale nelle scuole si apre in una condizione molto difficile: il blocco dei contratti nazionali ed il congelamento del salario accessorio previsto dalla manovra 2010, è stato allungato fino al 2014. Ciò significa che gli attuali contratti nazionali non saranno rinnovati prima del 2015.
La contrattazione integrativa, quindi, rappresenta in questa fase uno spazio contrattuale fondamentale per tutelare i diritti dei lavoratori e il loro salario.
Il Decreto 150/2009 e la contrattazione integrativa
Gli elementi di contraddizione e di illegittimità che abbiamo sollevato fin dalla emanazione del DLgs 150/2009, e confermati dalla giurisprudenza, sono ancora presenti e sono alla base dei tentativi del Ministro di forzare le norme attraverso le molte circolari ministeriali emanate negli ultimi mesi.
Infatti:
- il decreto 150/09 stabilisce che: “Per premiare il merito e il miglioramento della performance dei dipendenti, ai sensi delle vigenti disposizioni di legge, sono destinate, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, apposite risorse nell’ambito di quelle previste per il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro”. Stante il blocco dei contratti, è del tutto evidente che questa previsione non è applicabile
- la definizione da parte della Commissione nazionale per la valutazione (Civit) dei modelli di misurazione e di valutazione, allo stato, non è stata effettuata nella scuola
- non sono previsti nella legge gli organismi indipendenti di valutazione per la scuola.
Nonostante tutti gli sforzi del Ministro per cercare di rendere applicabile la riforma epocale, è bene sottolineare che analogamente allo scorso anno, fintanto che non saranno rinnovati i contratti nazionali gran parte delle disposizioni in essa contenute sono inapplicabili.
Il Decreto legislativo correttivo n. 141/ 2011
Il ministro Brunetta è così consapevole che il problema è la vigenza del contratto nazionale e l’impossibilità di modificarlo che ha messo a punto, nei mesi scorsi, un decreto correttivo.
Il decreto correttivo n. 141/2011 pubblicato in GU nel mese di agosto essenzialmente interviene su:
-
art. 65 commi 1, 2, 3, 4 e 5 del DLgs n. 150/09, che viene interpretato retroattivamente
-
art. 19 commi 2, 3, 31 sempre del DLgs n. 150/09, dove si interviene con una norma transitoria.
Vediamo in dettaglio gli effetti di queste due norme.
-
L’interpretazione retroattiva riguarda sia la contrattazione nazionale che integrativa. Infatti si stabilisce che si applicano dalla tornata successiva a quella in corso esclusivamente le disposizioni contenute nel decreto 150/09 relative al procedimento negoziale di approvazione dei contratti collettivi nazionali, mentre le altre si applicano immediatamente.
Praticamente il decreto correttivo è stato costruito per aggirare il blocco dei contratti stabilito dallo stesso governo e stabilire un principio di retroattività delle norme (di dubbia legittimità costituzionale) che tenta di fare strame della contrattazione integrativa e nazionale. -
si stabilisce che la differenziazione retributiva prevista dall’art. 19 (classifica dei dipendenti) si applica a partire dalla prossima tornata contrattuale (quindi dal 2015) eccetto che in caso di eventuali economie aggiuntive.
Il contenuto dell’intervento legislativo è quindi certamente pesantissimo dal punto di vista del principio giuridico che vuole accreditare, ma assolutamente non risolutivo, anzi possiamo dire che è praticamente nullo.
Infatti, il decreto Brunetta ha il suo punto di debolezza esattamente in quella che è la caratteristica principale: assimilare tutto il pubblico impiego alle norme in esso contenute senza distinzioni di professionalità o caratteristiche della prestazione lavorativa.
Quindi affermare, come si fa nella norma, che si applica tutto e che si deve adeguare tutto non risolve il problema sul come si applica nei vari comparti della PA. Questa opera di adeguamento può essere fatta, infatti, solo attraverso il CCNL. L’effetto è solo quello di attribuire agli organi di controllo (es. Ministero funzione pubblica) o ai singoli dirigenti e revisori dei conti l’interpretazione della norma e del contratto. Una discrezionalità inaccettabile.
Inoltre, c’è un contrasto irrisolvibile: il decreto Brunetta stesso stabilisce che la contrattazione integrativa si può svolgere solo nelle materie delegate dalla contrattazione nazionale, pena la nullità degli stessi contratti integrativi. Quindi poiché l’intervento del 141/2011 non va a modificare i contenuti delle materie delegate dal CCNL al contratto di istituto, la contrattazione integrativa dovrà adeguarsi agli attuali contenuti dei contratti nazionali vigenti.
Ancora sottolineiamo che vi sono anche forti sospetti di illegittimità costituzionale rispetto alla retroattività dei contenuti del decreto. In tal modo, infatti, oltre a toccare diritti acquisiti che trovano la loro legittimazione dal CCNL, si infrange un principio fondamentale che sta alla base del decreto 165/01: la contrattualizzazione del rapporto di lavoro. Se vi sono materie delegate alla contrattazione nazionale, solo da questa possono trarre legittimazione. Per la FLC CGIL il decreto Brunetta su tanti aspetti è lesivo anche dell’autonomia “nella scelta degli stili gestionali” e dunque della stessa Costituzione (art. 5 C.).
Il punto sulla contrattazione integrativa di scuola
Vediamo adesso perché nella scuola è pienamente esigibile la contrattazione integrativa su tutte le materie di cui all’art. 6 del CCNL/07.
Il salario accessorio
La contrattazione sul riparto del fondo non viene messa in discussione da nessuno. La contrattazione sui compensi neanche. Del resto il principio di “corrispettività” (come precisato dalla stessa circolare n. 7/2010 della Funzione Pubblica) tra salario accessorio e prestazione, nella scuola è da sempre rispettato. Le diverse risorse contrattuali, infatti, sono tutte vincolate e destinate a retribuire prestazioni aggiuntive ed incarichi, non per dare salario indistinto né a pioggia. Anche nei compensi “forfetari” legati all’intensificazione e flessibilità è rispettato il principio della “corrispettività” perché neanche in questo caso si tratta di compensi che si danno a pioggia, ma connessi sempre, e caso per caso, a maggiori carichi di lavoro o disagio nell’orario di servizio obbligatorio.
Relazioni sindacali e organizzazione del lavoro docente e ATA
È il vero punto di conflitto. Un esempio per tutti: il caso dell’organizzazione degli uffici nel comparto scuola. Inaccettabile e illegittimo per la FLC CGIL, il tentativo di degradazione di alcune materie di contrattazione a mera informazione. In particolare in merito all’organizzazione del lavoro che rischia di diventare oggetto di uno scontro durissimo e con rischi, soprattutto nel comparto scuola, di una vertenzialità molto forte sia a livello di singola istituzione scolastica che a livello nazionale.
Per la FLC CGIL le materie (previste all’art. 6 del CCNL/07) oggetto di contrattazione integrativa, sia nazionale che di scuola, non invadono affatto le competenze né della dirigenza del MIUR, né quelle specifiche della Dirigenza Scolastica (ovvero le misure inerenti la gestione delle risorse umane e finanziarie, nonché la direzione e l’organizzazione degli uffici) perché queste prerogative dirigenziali non sono mai state oggetto di contrattazione. Del resto (ma oggi sembra che nessuno lo voglia più tenere presente) nella stessa legge c’è anche una norma specifica sulla dirigenza scolastica (art. 25, comma 4 del DLgs 165/01 non modificato da Brunetta) che già prevedeva questa competenza sin dal 2001. Per 10 anni questa norma non è mai stata in contrasto con la contrattazione di scuola, chissà perché lo dovrebbe diventare ora, secondo le tesi di taluni.
Inoltre, nella scuola e diversamente da altri comparti pubblici, ci sono anche altre norme da rispettare come quelle sulle competenze degli organi collegiali (DLgs 297/94) e quelle più recenti sull’autonomia scolastica (in particolare l’art. 16 comma 2 del DPR n. 275/99).
Tutte norme che sono in vigore e che non sono state modificate dal decreto Brunetta.
La contrattazione di scuola, a parte le modalità di esercizio dei diritti sindacali e la sicurezza, si occupa sostanzialmente dei criteri per la mobilità interna (tra i vari plessi e/o sedi), dei criteri di utilizzazione del personale, dell’organizzazione dell’orario di lavoro, della ripartizione delle risorse contrattuali e dei compensi del salario accessorio. Tutte materie che non invadono né le competenze del collegio docenti, che ha la titolarità su questioni didattiche e tecnico professionali né quelle del consiglio d’istituto sul funzionamento della scuola intesa, se vogliamo, come ufficio e cioè aspetti quali l’orario del servizio scolastico, il tempo scuola, il calendario scolastico, ecc
Certamente la contrattazione di scuola non invade le competenze “gestionali” del Dirigente scolastico che riguardano, ad esempio, i provvedimenti di assegnazione dei singoli docenti alle classi e alle cattedre, il conferimento dei vari incarichi, la predisposizione del piano delle attività (che, tra l’altro, per i docenti deve essere approvato dal collegio), l’orario individuale dei singoli docenti e del personale ATA, ecc… Solo che il Dirigente scolastico, nell’espletare le sue competenze e a differenza di altre dirigenze pubbliche, deve attenersi alle delibere degli Organi Collegiali per gli aspetti di funzionamento generale e per gli aspetti didattici (art. 16 c. 2 DPR 275/99), e deve attenersi poi ai criteri definiti nel contratto di scuola per gli aspetti riguardanti la mobilità, l’organizzazione del lavoro, l’orario, il salario accessorio (art. 6 del Ccnl/07).
Tutto questo era compatibile con il vecchio quadro normativo e lo rimane anche con il nuovo perché sostanzialmente immutato. Per cui non vi è alcun conflitto tra l’esigibilità della contrattazione di scuola per tutte le materie di cui all’art. 6 del Ccnl/07, ed il decreto Brunetta.
Il conflitto nasce solo perché c’è chi vuole dare una lettura sbagliata, tutta politica ed ideologica di tale decreto.
Certamente, in un contesto di babele di norme recenti confuse e contraddittorie, il Ccnl rimane l’unico punto di riferimento certo. Solo attraverso un patto di regole condivise e sottoscritte, il Dirigente scolastico può contare su un consenso ampio delle varie componenti scolastiche, concorrendo cosi al rispetto del principio costituzionale del “buon andamento dei pubblici uffici”, della scuola nel nostro caso (art. 97 della Costituzione).
Assegnazioni a plessi del personale docente e ATA: l’intervento del MIUR
In questa situazione, il MIUR ci mette del suo. Infatti il 1 settembre scorso ha inviato alle scuole una nota ove si definiscono i criteri di assegnazione ai plessi del personale. Come abbiamo avuto modo di dire riteniamo tale nota illegittima.
L’intervento del MIUR è improvvido e si muove assolutamente fuori dal contesto normativo. Per quanto ci riguardala nota del MIUR non ha alcun valore giuridico e per tale ragione qualunque comportamento assunto, ancorché sulla scorta di tale nota, rappresenta comportamento antisindacale in quanto in contrasto con il contratto nazionale.
La FLC CGIL ha assunto, per ovvie ragioni, sul livello nazionale il contenzioso su tale questione: è in corso di predisposizione sia il ricorso al TAR che il ricorso per comportamento antisindacale contro il MIUR.
La FLC CGIL ha inoltre già contestato con una diffida gli interventi messi in atto dal MIUR perché imposti dalla Funzione Pubblica (su art. 3 e 15 OM n. 64 del 24 luglio 2011, nota prot. n. 6568 del 5 agosto 2011 su posti di DSGA, nota prot. n. 6900 sull’assegnazione del personale ai plessi e sedi) nella parti in cui si tenta di delegittimare la contrattazione integrativa regionale o di scuola.
La nostra iniziativa
Il risultato dell’iniziativa politica della FLC CGIL è stato, nello scorso anno, tangibile ed efficace: oltre il 90% dei contratti integrativi firmati entro dicembre 2010, coerenti con il contratto nazionale.
Tale risultato è stato il frutto sia di una impostazione rigorosa sull’analisi sia del contenuto del DLgs 150/2009 che del contratto nazionale sia di moltissime iniziative di formazione/informazione dedicate a RSU e dirigenti scolastici.
In alcuni casi abbiamo avviato il percorso vertenziale. Percorso che proseguirà anche nell’anno in corso in quelle situazioni (e dobbiamo dire che non sono molte) in cui soprattutto per interpretazioni ideologiche senza fondamento si tenta di far passare l’idea che non si debba contrattare.
La FLC CGIL è impegnata a sostenere l’esigibilità e la legittimità della contrattazione di scuola ed il rispetto del CCNL/07 in tutte le scuole, valorizzando al massimo il raggiungimento di accordi sulle tematiche relative alle modalità di utilizzo del personale e alle condizioni e carichi di lavoro e contrastando, invece, tutti quei comportamenti che intendono escludere dalla contrattazione l’organizzazione del lavoro.
1 ottobre 2011
[da www.flcgil.it]
Come accaduto lo scorso anno, pubblichiamo le linee guida sulla contrattazione di istituto, strumento utile per RSU e Dirigenti scolastici, alla luce degli interventi legislativi, confusi e lesivi delle prerogative sindacali oltre che dell’autonomia scolastica, messi in campo in questi ultimi tre anni. La stagione contrattuale nelle scuole si apre in una condizione molto difficile: il blocco dei contratti nazionali ed il congelamento del salario accessorio previsto dalla manovra 2010, è stato allungato fino al 2014. Ciò significa che gli attuali contratti nazionali non saranno rinnovati prima del 2015.
La contrattazione integrativa, quindi, rappresenta in questa fase uno spazio contrattuale fondamentale per tutelare i diritti dei lavoratori e il loro salario.
Il Decreto 150/2009 e la contrattazione integrativa
Gli elementi di contraddizione e di illegittimità che abbiamo sollevato fin dalla emanazione del DLgs 150/2009, e confermati dalla giurisprudenza, sono ancora presenti e sono alla base dei tentativi del Ministro di forzare le norme attraverso le molte circolari ministeriali emanate negli ultimi mesi.
Infatti:
- il decreto 150/09 stabilisce che: “Per premiare il merito e il miglioramento della performance dei dipendenti, ai sensi delle vigenti disposizioni di legge, sono destinate, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, apposite risorse nell’ambito di quelle previste per il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro”. Stante il blocco dei contratti, è del tutto evidente che questa previsione non è applicabile
- la definizione da parte della Commissione nazionale per la valutazione (Civit) dei modelli di misurazione e di valutazione, allo stato, non è stata effettuata nella scuola
- non sono previsti nella legge gli organismi indipendenti di valutazione per la scuola.
Nonostante tutti gli sforzi del Ministro per cercare di rendere applicabile la riforma epocale, è bene sottolineare che analogamente allo scorso anno, fintanto che non saranno rinnovati i contratti nazionali gran parte delle disposizioni in essa contenute sono inapplicabili.
Il Decreto legislativo correttivo n. 141/ 2011
Il ministro Brunetta è così consapevole che il problema è la vigenza del contratto nazionale e l’impossibilità di modificarlo che ha messo a punto, nei mesi scorsi, un decreto correttivo.
Il decreto correttivo n. 141/2011 pubblicato in GU nel mese di agosto essenzialmente interviene su:
-
art. 65 commi 1, 2, 3, 4 e 5 del DLgs n. 150/09, che viene interpretato retroattivamente
-
art. 19 commi 2, 3, 31 sempre del DLgs n. 150/09, dove si interviene con una norma transitoria.
Vediamo in dettaglio gli effetti di queste due norme.
-
L’interpretazione retroattiva riguarda sia la contrattazione nazionale che integrativa. Infatti si stabilisce che si applicano dalla tornata successiva a quella in corso esclusivamente le disposizioni contenute nel decreto 150/09 relative al procedimento negoziale di approvazione dei contratti collettivi nazionali, mentre le altre si applicano immediatamente.
Praticamente il decreto correttivo è stato costruito per aggirare il blocco dei contratti stabilito dallo stesso governo e stabilire un principio di retroattività delle norme (di dubbia legittimità costituzionale) che tenta di fare strame della contrattazione integrativa e nazionale. -
si stabilisce che la differenziazione retributiva prevista dall’art. 19 (classifica dei dipendenti) si applica a partire dalla prossima tornata contrattuale (quindi dal 2015) eccetto che in caso di eventuali economie aggiuntive.
Il contenuto dell’intervento legislativo è quindi certamente pesantissimo dal punto di vista del principio giuridico che vuole accreditare, ma assolutamente non risolutivo, anzi possiamo dire che è praticamente nullo.
Infatti, il decreto Brunetta ha il suo punto di debolezza esattamente in quella che è la caratteristica principale: assimilare tutto il pubblico impiego alle norme in esso contenute senza distinzioni di professionalità o caratteristiche della prestazione lavorativa.
Quindi affermare, come si fa nella norma, che si applica tutto e che si deve adeguare tutto non risolve il problema sul come si applica nei vari comparti della PA. Questa opera di adeguamento può essere fatta, infatti, solo attraverso il CCNL. L’effetto è solo quello di attribuire agli organi di controllo (es. Ministero funzione pubblica) o ai singoli dirigenti e revisori dei conti l’interpretazione della norma e del contratto. Una discrezionalità inaccettabile.
Inoltre, c’è un contrasto irrisolvibile: il decreto Brunetta stesso stabilisce che la contrattazione integrativa si può svolgere solo nelle materie delegate dalla contrattazione nazionale, pena la nullità degli stessi contratti integrativi. Quindi poiché l’intervento del 141/2011 non va a modificare i contenuti delle materie delegate dal CCNL al contratto di istituto, la contrattazione integrativa dovrà adeguarsi agli attuali contenuti dei contratti nazionali vigenti.
Ancora sottolineiamo che vi sono anche forti sospetti di illegittimità costituzionale rispetto alla retroattività dei contenuti del decreto. In tal modo, infatti, oltre a toccare diritti acquisiti che trovano la loro legittimazione dal CCNL, si infrange un principio fondamentale che sta alla base del decreto 165/01: la contrattualizzazione del rapporto di lavoro. Se vi sono materie delegate alla contrattazione nazionale, solo da questa possono trarre legittimazione. Per la FLC CGIL il decreto Brunetta su tanti aspetti è lesivo anche dell’autonomia “nella scelta degli stili gestionali” e dunque della stessa Costituzione (art. 5 C.).
Il punto sulla contrattazione integrativa di scuola
Vediamo adesso perché nella scuola è pienamente esigibile la contrattazione integrativa su tutte le materie di cui all’art. 6 del CCNL/07.
Il salario accessorio
La contrattazione sul riparto del fondo non viene messa in discussione da nessuno. La contrattazione sui compensi neanche. Del resto il principio di “corrispettività” (come precisato dalla stessa circolare n. 7/2010 della Funzione Pubblica) tra salario accessorio e prestazione, nella scuola è da sempre rispettato. Le diverse risorse contrattuali, infatti, sono tutte vincolate e destinate a retribuire prestazioni aggiuntive ed incarichi, non per dare salario indistinto né a pioggia. Anche nei compensi “forfetari” legati all’intensificazione e flessibilità è rispettato il principio della “corrispettività” perché neanche in questo caso si tratta di compensi che si danno a pioggia, ma connessi sempre, e caso per caso, a maggiori carichi di lavoro o disagio nell’orario di servizio obbligatorio.
Relazioni sindacali e organizzazione del lavoro docente e ATA
È il vero punto di conflitto. Un esempio per tutti: il caso dell’organizzazione degli uffici nel comparto scuola. Inaccettabile e illegittimo per la FLC CGIL, il tentativo di degradazione di alcune materie di contrattazione a mera informazione. In particolare in merito all’organizzazione del lavoro che rischia di diventare oggetto di uno scontro durissimo e con rischi, soprattutto nel comparto scuola, di una vertenzialità molto forte sia a livello di singola istituzione scolastica che a livello nazionale.
Per la FLC CGIL le materie (previste all’art. 6 del CCNL/07) oggetto di contrattazione integrativa, sia nazionale che di scuola, non invadono affatto le competenze né della dirigenza del MIUR, né quelle specifiche della Dirigenza Scolastica (ovvero le misure inerenti la gestione delle risorse umane e finanziarie, nonché la direzione e l’organizzazione degli uffici) perché queste prerogative dirigenziali non sono mai state oggetto di contrattazione. Del resto (ma oggi sembra che nessuno lo voglia più tenere presente) nella stessa legge c’è anche una norma specifica sulla dirigenza scolastica (art. 25, comma 4 del DLgs 165/01 non modificato da Brunetta) che già prevedeva questa competenza sin dal 2001. Per 10 anni questa norma non è mai stata in contrasto con la contrattazione di scuola, chissà perché lo dovrebbe diventare ora, secondo le tesi di taluni.
Inoltre, nella scuola e diversamente da altri comparti pubblici, ci sono anche altre norme da rispettare come quelle sulle competenze degli organi collegiali (DLgs 297/94) e quelle più recenti sull’autonomia scolastica (in particolare l’art. 16 comma 2 del DPR n. 275/99).
Tutte norme che sono in vigore e che non sono state modificate dal decreto Brunetta.
La contrattazione di scuola, a parte le modalità di esercizio dei diritti sindacali e la sicurezza, si occupa sostanzialmente dei criteri per la mobilità interna (tra i vari plessi e/o sedi), dei criteri di utilizzazione del personale, dell’organizzazione dell’orario di lavoro, della ripartizione delle risorse contrattuali e dei compensi del salario accessorio. Tutte materie che non invadono né le competenze del collegio docenti, che ha la titolarità su questioni didattiche e tecnico professionali né quelle del consiglio d’istituto sul funzionamento della scuola intesa, se vogliamo, come ufficio e cioè aspetti quali l’orario del servizio scolastico, il tempo scuola, il calendario scolastico, ecc
Certamente la contrattazione di scuola non invade le competenze “gestionali” del Dirigente scolastico che riguardano, ad esempio, i provvedimenti di assegnazione dei singoli docenti alle classi e alle cattedre, il conferimento dei vari incarichi, la predisposizione del piano delle attività (che, tra l’altro, per i docenti deve essere approvato dal collegio), l’orario individuale dei singoli docenti e del personale ATA, ecc… Solo che il Dirigente scolastico, nell’espletare le sue competenze e a differenza di altre dirigenze pubbliche, deve attenersi alle delibere degli Organi Collegiali per gli aspetti di funzionamento generale e per gli aspetti didattici (art. 16 c. 2 DPR 275/99), e deve attenersi poi ai criteri definiti nel contratto di scuola per gli aspetti riguardanti la mobilità, l’organizzazione del lavoro, l’orario, il salario accessorio (art. 6 del Ccnl/07).
Tutto questo era compatibile con il vecchio quadro normativo e lo rimane anche con il nuovo perché sostanzialmente immutato. Per cui non vi è alcun conflitto tra l’esigibilità della contrattazione di scuola per tutte le materie di cui all’art. 6 del Ccnl/07, ed il decreto Brunetta.
Il conflitto nasce solo perché c’è chi vuole dare una lettura sbagliata, tutta politica ed ideologica di tale decreto.
Certamente, in un contesto di babele di norme recenti confuse e contraddittorie, il Ccnl rimane l’unico punto di riferimento certo. Solo attraverso un patto di regole condivise e sottoscritte, il Dirigente scolastico può contare su un consenso ampio delle varie componenti scolastiche, concorrendo cosi al rispetto del principio costituzionale del “buon andamento dei pubblici uffici”, della scuola nel nostro caso (art. 97 della Costituzione).
Assegnazioni a plessi del personale docente e ATA: l’intervento del MIUR
In questa situazione, il MIUR ci mette del suo. Infatti il 1 settembre scorso ha inviato alle scuole una nota ove si definiscono i criteri di assegnazione ai plessi del personale. Come abbiamo avuto modo di dire riteniamo tale nota illegittima.
L’intervento del MIUR è improvvido e si muove assolutamente fuori dal contesto normativo. Per quanto ci riguardala nota del MIUR non ha alcun valore giuridico e per tale ragione qualunque comportamento assunto, ancorché sulla scorta di tale nota, rappresenta comportamento antisindacale in quanto in contrasto con il contratto nazionale.
La FLC CGIL ha assunto, per ovvie ragioni, sul livello nazionale il contenzioso su tale questione: è in corso di predisposizione sia il ricorso al TAR che il ricorso per comportamento antisindacale contro il MIUR.
La FLC CGIL ha inoltre già contestato con una diffida gli interventi messi in atto dal MIUR perché imposti dalla Funzione Pubblica (su art. 3 e 15 OM n. 64 del 24 luglio 2011, nota prot. n. 6568 del 5 agosto 2011 su posti di DSGA, nota prot. n. 6900 sull’assegnazione del personale ai plessi e sedi) nella parti in cui si tenta di delegittimare la contrattazione integrativa regionale o di scuola.
La nostra iniziativa
Il risultato dell’iniziativa politica della FLC CGIL è stato, nello scorso anno, tangibile ed efficace: oltre il 90% dei contratti integrativi firmati entro dicembre 2010, coerenti con il contratto nazionale.
Tale risultato è stato il frutto sia di una impostazione rigorosa sull’analisi sia del contenuto del DLgs 150/2009 che del contratto nazionale sia di moltissime iniziative di formazione/informazione dedicate a RSU e dirigenti scolastici.
In alcuni casi abbiamo avviato il percorso vertenziale. Percorso che proseguirà anche nell’anno in corso in quelle situazioni (e dobbiamo dire che non sono molte) in cui soprattutto per interpretazioni ideologiche senza fondamento si tenta di far passare l’idea che non si debba contrattare.
La FLC CGIL è impegnata a sostenere l’esigibilità e la legittimità della contrattazione di scuola ed il rispetto del CCNL/07 in tutte le scuole, valorizzando al massimo il raggiungimento di accordi sulle tematiche relative alle modalità di utilizzo del personale e alle condizioni e carichi di lavoro e contrastando, invece, tutti quei comportamenti che intendono escludere dalla contrattazione l’organizzazione del lavoro.