Impressioni di settembre

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Da un gruppo di insegnanti del liceo Virgilio di Roma un documento che ribadisce il valore unico e assoluto della scuola pubblica. La testimonianza del professor Carmelo Pizza, docente della scuola

Tempo di esami per il Liceo Virgilio di Roma, che all’indirizzo classico affianca quello scientifico e linguistico, oltre un linguistico sperimentale internazionale, in collaborazione con il ministero degli Esteri. Nel corso dell’ultimo collegio dei docenti, un gruppo di insegnanti ha presentato un documento scaturito dalla lettura delle bozze inerenti le ultime linee guida della ministra Azzolina, che riguardano le modalità di riapertura delle scuole pubbliche a settembre.

Una mozione che sin da principio si appella all’articolo 3 della Costituzione italiana, evidenziando come la scuola, unitamente ad altre istituzioni, ha il fondamentale compito di rimuovere gli ostacoli che impediscono, ancora oggi, l’effettiva eguaglianza tra tutti i cittadini. “La scuola non è una risposta a una domanda individuale, non è un servizio, men che meno una merce – si legge nella mozione -. Ma è un organo costituzionale, e in quanto tale va valorizzato e sostenuto per l’interesse generale della nazione”.

Tra i firmatari del documento il professor Carmelo Pizza, docente di scienze naturali, chimica e geografia presso lo stesso istituto. “Abbiamo voluto ribadire alcuni punti fondamentali, non per noi ma per una scuola della Repubblica, in linea con la piattaforma comune che sta coagulando insegnanti, genitori e studenti, e che lo scorso giovedì 25 giugno ha coinvolto oltre 60 piazze italiane, con la presenza anche della Flc Cgil insieme ai sindacati di base”. Una mobilitazione le cui richieste sembrano essere pressoché ignorate dalle indicazioni ministeriali: “Questa situazione determinata dalla pandemia non fa emergere nulla di nuovo, sono ormai almeno due decenni che ci troviamo di fronte a tagli inaccettabili, in virtù dei quali abbiamo perduto circa 150.000 unità lavorative tra corpo docente e personale Ata, una situazione mai vista. In queste linee guida avremmo voluto leggere l’idea di un cambio di prospettiva, un’occasione per investire e rinnovare la scuola italiana. Nulla di tutto questo”.

I temi sono quelli delle cosiddette classi-pollaio, la manutenzione e l’edilizia scolastica, le 85.000 cattedre che, secondo i calcoli di questi giorni, alla ripresa delle lezioni si presenteranno vuote, il rischio che la didattica a distanza diventi componente rilevante anche del prossimo anno scolastico. E il miliardo di euro promesso per una ripartenza ad hoc, viene recepito come fumo negli occhi: “I nodi che vengono ora al pettine sono disfunzioni denunciate da anni, e il miliardo di euro stanziato, se lo dividiamo per tutto quello che occorre, è soltanto demagogia. Il sospetto è che queste linee guida vengano emanate per liberarsi dalla scuola di Stato, per colpire l’unità della scuola pubblica, andando incontro a quella autonomia differenziata che sappiamo bene chi favorisce da un punto di vista politico”.

Lo scenario prospettato sarebbe dunque quello di un modello di scuola, e di paese, assolutamente non condivisibile, irricevibile, lontano dal tentativo di costruire una pubblica istruzione unitaria, presente con forza nelle aree di maggior disagio, utilizzando l’autonomia come strumento di intervento specifico, mirato, e non come elemento di ulteriori separazioni, culturali oltre che territoriali.

A tal proposito, le idee e le proposte contenute nel documento sono chiare: “Quello che chiediamo è un piano straordinario di assunzioni per tutto il personale della scuola, e un progetto concreto e definito per l’edilizia scolastica. Abbiamo bisogno di una finanziaria per la scuola, il prossimo Dpef dovrebbe essere dedicato quasi esclusivamente a questo. Mi auguro che i sindacati chiedano con decisione un investimento senza precedenti nel nostro paese, per evitare che qualcuno provi a cavalcare questa emergenza demolendo la scuola pubblica. Sarebbe una sciagura. Per tutti”.

Nel frattempo questi sono i giorni dei colloqui per la maturità, una maturità diversa da tutte le altre, anche per i docenti. Un lavoro quotidiano sul campo, dove viene richiesto un impegno maggiore, uno sforzo in più. L’esperienza del professor Pizza lo conferma: “Sono molto contento che questi esami siano stati fatti in presenza, è un impegno di insegnanti e studenti per condurli in maniera significativa verso un valore formativo e culturale importante, per non perdere quanto fatto in questi anni. Abbiamo tutti una maggiore percezione di ciò che facciamo, il valore sociale di quello che stiamo facendo, non per l’emergenza sanitaria, ma per radicare la cultura delle piccole pratiche, la lettura di un testo, il dialogo sui contenuti…”.

“Tutto sta diventando più significativo. Perché – prosegue Pizza – il compito dell’insegnante è anche la costruzione di una presenza molto particolare, e quando non possiamo praticare questo lavoro ricade su tutto il resto. Ecco perché occorre una politica educativa scolastica seria, che metta la scuola al centro del dibattito politico, economico, e sociale, con un vero investimento nel futuro prossimo, anzi nel presente”. Altrimenti a settembre sarà battaglia.

(E. Sbaraglia pubblicato da Collettiva.it)